Bastausi.it è un’altra storia sulle digital skill

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Bastausi, basta referendum e digital skill. Non c’è niente da dire, e niente di strano: hanno mandato un volantino informativo a tutti gli italiani all’estero per spiegare le ragioni del si. Peccato che chi doveva correggere le bozze, probabilmente non si è accorto di un refuso, e l’indirizzo pubblicato è orfano di una lettera, la “n”.

Bastaunsi.it è diverso da bastausi.it, e questo Internet lo sa. Per rimediare non ci sarebbe voluto molto, perché sarebbe bastato correre sul web, da qualsiasi registrar in grado di registrare un dominio italiano, registrarlo ed impostare un banale redirect sul dominio corretto. Il problema è che se ne sono accorti prima gli altri, quelli del no, ed il reindirizzamento ora porta al loro comitato!

Un bel pasticcio all’italiana, determinato da una solida assenza di digital skill. Non è nostro interesse screditare l’uno o l’altro comitato, perché non ci occupiamo di politica e su questo teniamo per noi la nostra opinione. Ma in questo referendum è emersa l’ennesima gaffe digitale, dovuta ad una certa superficialità tipica degli ambienti dove “si usa il computer”, perché tanto è semplice, e fa tutto lui.

Bastausi.it, un altro problema di digital skill
Bastausi.it: al centro potete vedere il link al sito web errato! Digital Skill significa anche correggere le bozze. Digitali!

Già in passato abbiamo affrontato l’argomento, ed espresso il nostro punto di vista sulla situazione. Inutile andare a dirlo, siamo progressisti ed orientati all’innovazione, perché teniamo a quel che facciamo, e quindi ci aggiorniamo continuamente. Nell’ambiente sono molti quelli che fanno come noi, ma sono ancora di più quelli che, invece, procedono a tentoni.

Questo nel tempo ha generato vari problemi nel settore:

  • Si è diffusa una scarsa fiducia in chi si occupa di comunicazione e tecnologie digitali
  • Si è diffusa la convizione che chiunque si possa occupare di comunicazione e tecnologie digitali
  • Si crede che qualsiasi compito possa essere effettuato in media in uno, due o massimo tre giorni

La cosa grave è che queste credenze non sono diffuse solo ed esclusivamente a livello popolare, ma anche fra chi dovrebbe occuparsi del coordinamento dei progetti, che spesso e volentieri non ha la minima idea di quali siano i vincoli sui tempi di progetto. Parliamo di alcuni Project Manager di settore che, per soddisfare i clienti, accettano qualsiasi condizione purché si firmi.

Questo è un vero e proprio problema sia per il poveretto che poi quel lavoro dovrà eseguirlo, cioè il vero (e unico, in Italia) detentore di quelle digital skill tanto ricercate, sia per il cliente, perché il prodotto finale fatto in fretta e furia non potrà rispettare il benché minimo standard di prestazioni, manutenibilità, stabilità ed interoperabilità.

Questo vale, con le dovute differenze, sia per le skill digitali “creative”, legate alla grafica ed al concept, che per quelle invece di “sviluppo”, legate quindi alle app, al web ed alla programmazione.

L’esito finale è quello che vediamo: migliaia di siti web online ogni giorno, fatti male e alle volte peggiorativi, decine di campagne di comunicazione che falliscono miseramente l’obiettivo, perché pensate male sul nascere, e/o eseguite con altrettanta superficialità.

Qual’è la soluzione? Per come la vediamo qui da noi, ci sono alcune best-practice che andrebbero inserite all’interno di qualsiasi azienda per far si che non vengano a crearsi situazioni critiche:

  • Condividere le informazioni sul brief del progetto
    • Questa è dedicata al Project Manager che, se non è in grado di effettuare una stima corretta sui tempi, deve necessariamente riferirsi al team di esecuzione, e quindi ascoltare le problematiche. Allo stesso tempo dovrebbe:
      • Spiegare le difficoltà del proprio lavoro, per capire come possano essere risolte tramite il dialogo con il team
  • Condividere le informazioni tecniche sulle tecnologie usate in azienda
    • Questa è dedicata al team di esecuzione, che dovrebbe essere invitato dal PM ad organizzare dei seminari dove si spiegano.
      • Che tecnologie usiamo?
      • Che tempistiche ci assicurano?
      • Quali sono gli step e gli ostacoli di qualsiasi progetto?
  • Entrambi, sia i PM che quelli del team di esecuzione devono ascoltare ed imparare gli uni dagli altri

Solo dopo aver condiviso queste informazioni ed instaurato un dialogo positivo sarà possibile fornire al cliente una stima su tempi (e costi). Ovviamente, con il tempo la condivisione renderà il team di esecuzione in grado di capire le difficoltà del Project Manager, mentre il coordinatore diventerà in grado di fornire delle stime corrette con maggiore autonomia, nel caso ci sia necessità di abbreviare i tempi.

Questo molto spesso non avviene affatto, ed è un grosso danno per tutti: solo quando capiremo il valore della condivisione, allora in Italia potremo veder decollare tutte quelle persone che hanno un digital skill set ben costruito, ma che al momento non possono esprimerlo all’interno dei propri team, se non in progetti che, per natura, verranno eseguiti in modalità “basta che funziona, anche se funziona male”.

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