2023: sono 10 anni di sfide, comunicazione e codice

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Ecchice. Scrivo questo post a ruota libera, senza pensarci troppo, così di botto. Senza senso.

Perché? Perché 10 anni di attività – di cui da 5 ho fondato Sito.Express – sono tanti. Nel 2013, dopo anni ed anni di ritenute d’acconto e borse di studio universitarie, durante gli anni del Politecnico di Torino, timidamente aprivo la Partita IVA nell’allora regime dei minimi.

E BOOM! Nessuno sapeva a cosa sarei andato incontro, in un approccio un po’ naif alla questione, spinto solo dalla volontà di auto determinarsi.

Storia di una lunga guerra

Tutti, parenti, amici, gente incontrata per strada, cani e gatti: ma chi te la fa fare? Ricordo ancora la dipendente INPS ed in aria di pensionamento, quando andai alla sede di Torino per ritirare la seconda parte del PIN, che mi disse quasi in lacrime:

Ma voi chissà quando la vedrete la pensione! E che miseria vedrete!

Dipendente INPS Random

La ringraziai. non ironicamente, con un “Grazie per la busta!”. Infatti della mia cricca, sono quello che si ritrova più contributi, proprio perché il 08/02/2013 decisi finalmente di aprire la Partita IVA per la mia attività.

Fu quindi un atto di liberazione e distinzione, per me: liberazione dalle ritenute d’acconto, che non sono professionalizzanti, e distinzione da tutti i cugini di cugini che facevano i sitarelli a 500€ coi temi di themeforest.

Non fu una cosa da poco e mi diede una buona spinta.

Eppure sono qui

All’inizio non immaginavo di continuare in questo settore. Voglio dire, ho studiato Disegno Industriale, poi Design Sistemico. Poi ho fatto un master in gestione del progetto per il terzo settore.

Nel mentre ero un professionista del web, con progetti di comunicazione e codice sempre lì ad accompagnarmi silenti, giorno dopo giorno. E’ stato un processo naturale. Finito il Politecnico, ho seguito il normale iter del neolaureato, mandando diversi curriculum, facendo diversi colloqui. Dopo alcuni mesi mi hanno offerto due contratti di consulenza ed due a tempo indeterminato.

Ho sempre tentennato, la vedevo come una cessione della mia libertà ad un prezzo sconveniente. Sentivo di avere tante, troppe cose da fare. Ed era così: mi sono capitate davvero tante storie, dalle più assurde a quelle piene di luoghi comuni. Proprio quelli che volevo scardinare.

Nostargia

Alla fine, l’importante è quello che resta, quello che mi ha portato qui dopo 10 anni.

Sono stati 10 anni di fatiche? Si, ovvio. Qualsiasi sfida è una fatica. Qualsiasi lavoro è una fatica. Sono nato a Cosenza, e “fatica” è sinonimo di lavoro in tutto il meridione.

La sfida però è con se stessi: in un mondo in cui i lavoratori sono vessati, sfruttati e fregati in tutti i modi possibili, riuscire a crearsi il proprio spazio autonomo, prima da soli, poi coi collaboratori, e vedersi riconoscere i meriti del lavoro svolto, della professionalità raggiunta, è la vera soddisfazione.

E’ questa la sfida che ogni giorno mi trovo, anzi ci troviamo, a dover affrontare, ed il riconoscimento sono i risultati.

Penso diverso

E i prossimi 10 anni?

Così di primo acchitto sembrano domani. Sembrano vicini. So però che non è così, perché se guardo al passato, lo sento come fosse successo ieri: io che esco dall’ufficio dell’INPS tutto contento con la mia lettera, ancora più contento dei contratti – scritti da me – che avrei fatto firmare di lì a poco. Poi levo il binocolo e mi passa davanti agli occhi un susseguirsi di eventi inaspettati, ritenuti impossibili, come un miraggio.

È una mole infinita di immagini che pur scorrendo velocissima impiega tanto tempo ad esaurirsi. Arrivo ad oggi, la domanda cambia.

Che senso ha pensare ai prossimi 10 anni?

Oggi penso diverso. Sento sempre di avere tante cose da fare, ma non sono le stesse cose di prima. Se mi immagino qualcosa, la prima cosa che vedo è mia figlia, che di anni ne avrà 12, la mia compagna, altri figli (almeno altri due!) ed il tempo che spenderò insieme a loro.

Poi, con la mente arrivo al lavoro. Il mio lavoro mi piace, oggi. Mi piace aver cominciato diverse collaborazioni, soprattutto negli ultimi anni, dove ho avuto modo di confrontarmi con diversi team, alcuni dei quali da coordinare. Mi piace crescere, certo, ma solo se la crescita non è fine a se stessa e migliora la qualità della vita. Mi piacerebbe scrivere qui di più, come quando tutto ebbe inizio, solo per il gusto di farlo, senza pensare alla SEO e alle AI. Mi piacerebbe mettere più significato in quello che faccio. Mi piacerebbe conoscere nuove belle persone, aspetto che ricopre sempre maggiore importanza.

Allora definisco due termini per la sfida che da domani: senso e relazioni.

Credits: i capitoli di questo articolo sono presi da alcuni titoli di Adversus, l’ultimo album del Colle der Fomento

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